Poema epico mitologico in 4 libri composto da Apollonio
Rodio nel 250 a.C. circa. I primi due libri, nettamente distinti dagli altri,
trattano della leggendaria e avventurosa spedizione degli Argonauti, i mitici
eroi greci che si imbarcarono sulla nave Argo alla volta della Colchide, per
impadronirsi del vello d'oro. Questa parte dell'opera è molto dettagliata
e risulta quindi più simile a storia e a cronaca, piuttosto che a calda e
immaginosa poesia. Il terzo libro costituisce la parte più viva
dell'opera. Esso narra le imprese del comandante Giasone nella Colchide e
l'amore che per lui nasce in Medea, figlia del re Eeta. Essa, dopo aver aiutato,
per mezzo delle sue arti magiche, gli Argonauti a impossessarsi del vello d'oro,
vuole partire con il suo eroe, anche a costo di tradire i genitori e la patria.
Infine il quarto libro, il più lungo e complesso, segue Giasone e i suoi
fedeli (tra gli Argonauti i più famosi sono Castore e Polluce, Peleo,
Orfeo) nel loro lungo e penoso ritorno, attraverso il Ponto Eusino, i fiumi
Istro, Eridano, Rodano, il Mar di Sardegna, le Sirti fino a Creta e all'isola di
Egina. Le
A. costituiscono un'opera mancata per quanto riguarda
l'ispirazione epica. I contemporanei apprezzarono però nell'opera la
parte relativa ai viaggi e alle avventure, che per certi aspetti richiamavano le
gesta di Alessandro, il quale aveva rivelato ai Greci l'Oriente meraviglioso. I
posteri salvarono dal naufragio del poema la figura di Medea, rappresentata in
una lotta altamente poetica della passione e del dovere. Alla Medea di Apollonio
si ispirerà Virgilio nel descrivere la passione di Didone per Enea. Lo
stile dell'opera è bello, ma di quella bellezza che viene dallo studio e
dall'arte, non certo dalla spontaneità. La lingua, pura ed elegante, si
atteggia a singolare gentilezza in versi di perfetta armonia. Le
A.
furono riprese e imitate anche dal poeta latino Valerio Flacco (I sec.
d.C.).